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MOMENTI DI UN AMORE

Celebriamo momenti binari dell’adolescenza, da un lato situazioni di confine, da un altro di prosecuzione di un dialogo intimo complesso sul significato dei sentimenti, dell’amore, della passione e del sesso, forse tanti modi per esprimere il medesimo concetto.

Riguardo al già detto, una sintesi è necessaria, perché non sembri che si dica tutto e il contrario di tutto, come potrebbe percepirsi, ma solo perché la complessità dei sentimenti è un fatto reale che non può essere banalizzato, semplificato, ridotto.

Tutto nasce insieme a noi, cresce con noi fin da bambini, si palesa nei nostri giochi, nel senso di proibito, nel doversi nascondere, fatto che aumenta il desiderio, ma anche la frustrazione di non poterlo soddisfare liberamente. Tutta l’infanzia trascorre con questo senso di insoddisfazione, di pochi momenti rubati, clandestini, impeti di passione che contengono oltre al piacere una certa sofferenza… Il dubbio è se in questo ci sia anche sentimento, ciò che diciamo amore… A mio avviso sì, a un livello adeguato alla progressione del tempo, alla conoscenza, alla maturazione; stesso discorso vale per gli altri periodi della vita, dall’adolescenza, alla giovinezza, alla maturità.

Dunque c’è sempre tutto, ma ci sono anche vari stadi, vari confini che si superano e danno luogo alla soluzione di ostacoli in età minore difficili da sovrastare, e il discorso è molto soggettivo naturalmente.

L’invaghirsi infantile opera nelle situazioni più diverse, dagli sguardi di desiderio a scuola, fino anche alle carezze nel vicinato o nella cerchia amicale, in modo tacito e a tratti naturale, benché celato, ma con dei livelli ben marcati e differenti, che convenzionalmente distinguiamo tra approcci più fisici e altri più ideali, sentimentali, amorosi.

Con l’adolescenza, con il subentrare di una maggiore conoscenza, con la conquista anche del rapporto e dello scambio verbale, gli approcci da una parte si semplificano e da un’altra si complicano, si hanno più strumenti , ma con la maggiore consapevolezza sparisce la naturalezza e ci si trova in situazioni più complesse.

L’adolescenza separa in qualche modo maschi e femmine, gli stessi che nell’infanzia non avevano alcun problema a rapportarsi; subentrano altri riti, nuovi recinti da sovrastare, e ho già raccontato di amori platonici, di slanci azzardati e chiusure seguite a delusioni…

Talvolta le fasi di crescita non sono segnate dall’età, ma dagli avvenimenti, per cui un avanzamento fondamentale nell’adolescenza può derivare da un incontro più o meno casuale, neppure cercato, “un colpo di culo” sopraggiunto più o meno presto, o anche tardi. Ciò non esclude che altri abbiano dovuto “lavorare”, impegnarsi, per giungere al medesimo risultato, o ancora può capitare che l’impegno non porti ad alcun esito, poi capiti che il caso, la sorte, venga incontro…

Non so esattamente se ci siano o quali siano le statistiche che fotografano la realtà degli incontri tra un ragazzo e una ragazza, sarebbe peraltro molto complesso vista la serie di variabili in premessa.

Per il nostro eroe questo step: rapporto fisico e sentimentale a un tempo, giunge ai sedici anni (un po’ un’anomalia, corrispondendo ai primi rapporti fisici una forte passione, un innamoramento pazzesco e condiviso). Questo improvviso accadimento si inserisce nel nulla più assoluto precedente, per interrompere il quale occorre tornare ai giochi “al dottore” dell’infanzia o a carezze più o meno rubate del periodo puberale.

Ma nello step attuale si è di fronte a fatti e sensazioni indescrivibili mai vissuti, solo sognati, che interessano tutto il corpo, dalle zone erogene a stomaco e intestino compresi… E il primo bacio, che si darebbe non so cosa per ridarlo, i momenti che l’hanno preceduto e quelli che lo hanno seguito. La fortuna di scambiarlo con una ragazza amata davvero (difficile da credere, ma si è all’inizio di un folle amore, tanto “folle” che fu necessario internarlo, recluderlo, e infine proibirlo…).

I protagonisti sono gli stessi dei canti intimi, “Prima gioventù” II, III, IV, che ne percorrono la storia da un punto di vista differente, visto che qui si parla di adolescenza e non di gioventù: cambiano i tempi e pure le percezioni, ma le due espressioni in sostanza si confondono.

Lei giunse in vacanza, non si vedevano da tempo, l’incontro e l’approccio furono in qualche modo premonitori e anche il fatto che non solo stavano sempre insieme, ma tra loro c’era un feeling senza precedenti (si conoscevano dall’infanzia).

Quella sera, nel dopo cena, rimasero soli e pareva che entrambi non aspettassero altro, soli e appiccicati, seduti sulla soglia di casa… I loro dialoghi si fecero sommessi e sempre più per monosillabi, difficili da pronunciare, come se gli si fosse seccata la saliva in bocca. Erano nella penombra, super eccitati, li fece sorridere il passaggio di un cane nel silenzio generale. Lei sembrava ancora disinvolta, almeno più di lui che fingendo freddo (era luglio) l’aveva abbracciata e poggiato il capo sul suo seno, lei lo accarezzava, “stai dormendo?”; trascorsero istanti infiniti, vi era la sensazione che qualcosa stesse per accadere, l’adrenalina dava sensazioni sconosciute fino ad allora… Lei si muoveva, e lui ebbe paura che volesse interrompere quel momento, si alzò, volse il suo viso verso di lui e dopo una debolissima resistenza (“non puoi”) la baciò, fu un lungo bacio, da orgasmo. Ormai persi uno nell’altra continuarono anche in piedi; lei poneva dolci domande, tra baci e carezze, dubbi impropri di un’evidenza innegabile, di un’incredulità di facciata…

Seguirono giorni di passione che tolsero a lei ogni dubbio: sempre insieme, si cercavano, si amavano con furore ad ogni occasione propizia che si creavano, anche con una certa prudenza, a volte molto relativa in realtà. Nelle sere senza luna si avventuravano in luoghi bui anche fuori dall’abitato ed esistevano solo loro, erano momenti di felicità totale, le paure che facevano capolino quando dovevano separarsi venivano respinte da uno stato di invincibilità. Impararono a dosare i loro momenti, divennero supersensibili ad ogni rumore estraneo, ad ogni richiamo, talvolta frutto di scherzi amici… Momenti indimenticabili custoditi dalla memoria senza tempo.

43 Momenti di un amore (17 – III – 5.8 a) A 28-30.4.2023

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ENIGMA

Disquisizione complessa, quanto “effimera” e certamente intima, e quando è tale cade il banale, in quanto l’intimità è fondamentale per se stessa e per se stessi.
Il primo amore, spero di non ripetermi e almeno di non contraddirmi, in fondo potrebbe essere solo una definizione, che importanza può avere qualificarlo? Senza voler fare discorsi assolutistici e nemmeno esaustivi, posso osservare che molte persone sovente ne parlano, magari affermando “È stato il mio primo amore”; il problema comincia a sorgere se ogni volta che si pronuncia tale frase ci si riferisca a persone diverse. Una cosa del genere, al di là delle battute, potrebbe accadere perché non è chiaro il concetto, ovvero perché può essere applicato a diverse circostanze.
Insomma qual è il Primo amore? È la passione di bambini che giocano per la prima volta al “dottore”? O il primo innamoramento platonico alle elementari? Oppure quello più intenso, struggente, quanto ancora platonico, della prima adolescenza? Ovvero quello del primo bacio o anche del primo rapporto completo? Come si può notare non è affare semplice stabilire qual è obiettivamente, magari è più semplice se ognuno deciderà per proprio conto, o in alternativa stabilire che ce n’è uno per ogni caso.
Per quanto mi riguarda l’argomento può anche rimanere intimamente indefinito, tuttavia il dilemma sorge nella scrittura; ergo, a un pensiero repentino di primi amori possono venirne in mente più di uno, mentre sarebbe arduo scriverne definendoli tali, si creerebbe un minimo di confusione letteraria, salvo argomentare tornando alle tipologie…
Che fare? Procedere a una verifica immediata di scritti sul tema per riscontrare se esista una casistica? Potrebbe anche essere…
Eppure ne parlo a ragion veduta giacché uno scritto alla mia attenzione recita: “Questo è un omaggio al mio primo amore”… Un narratore onnisciente potrebbe oggettivamente stabilire che lo è stato davvero, mentre quelli precedentemente ipotizzati andrebbero derubricati a “potenziali”.
Questo è un amore perenne passato attraverso diverse fasi, comprese quelle in cui non si ha ancora padronanza del concetto di amore, una fase in cui non si saprebbe neppure come definirlo, attrazione primordiale o che, fino alla cottarella a cavallo tra infanzia e adolescenza, concretizzandosi poi in una passione esplosiva che viene generalmente chiamata amore. Lei, sempre conosciuta, a differenza delle altre, cresciuti insieme seppur prevalentemente distanti, con incontri costanti e contatti permanenti. mentre per il resto si tratta di cotte scolastiche o passioni unilaterali benché durature.
La protagonista la “conosciamo” già, è la stessa intimisticamente raccontata nella quadrologia “Prima gioventù”, e anche ora in modalità non meno ermetica, forse un riferimento alla donna in senso lato, al mistero che si cela dietro ognuna di loro e che siamo ancora lontani dal risolvere o si sta solamente alimentando l’enigma traviante.
Oggi compie 18 anni, la penso, penso ai suoi pensieri, torneranno forse alla sua nascita, si farà delle domande irrisolvibili. Intanto sono il suo ragazzo da undici mesi e ho bisogno di vedere il suo viso, ma è lontanissima e in questa elucubrazione, in questo omaggio, penso che non potrò avere altra che lei.
È sempre stata libera, disinvolta e intraprendente per la ricerca di nuove libertà, una regina fin da bimba e se si sentiva prigioniera evadeva almeno con il pensiero.
Capace di simulare i sentimenti, al punto di trasferirli nella mente altrui modificati – peraltro caratteristica comune a molte donne -, in questo modo accresceva a dismisura il suo fascino, la sua influenza, e io chiuso in me stesso, quasi intimidito dalla sua personalità vagavo nel dubbio, con tanti punti interrogativi.
Curava il suo corpo e il suo viso già belli e ne sfruttava la gioia che poteva darle. Chi l’amava non poteva pensare che quell’unione non fosse per sempre, era tutto fantastico ed entrambi felici, benché fossero un po’ il giorno e la notte, ma il rapporto li rendeva un po’ pomeriggio e sera, lei estroversa, lui riservato, ma nella fusione queste differenze svanivano.
Lei era sempre la stessa, puntava sempre al successo, all’allegria, benché volendo riuscisse a simulare i suoi desideri. Il suo ricordo è ancora un incanto che fa svanire la tristezza e rende presente il suo viso e insieme sorridono all’invito d’amore.
La voglia di creare una famiglia, di avere dei figli, in lei è evidente, sebbene questa immagine ogni tanto scompaia. Naturale scorgere in lei umanità e padronanza delle idee ed è sempre attesa.
Un sogno ad occhi aperti, uno spingersi molto avanti a quella età, ma è questo il bello.

42 Enigma (26 – IV – 21.6 a) a 25-27/3/2023

IL MIO TORTO (versi per chi non ne voleva – 3)

Sconcerto, certo… Forse un modo per capire questo rapporto è sapere che non è finito con la fine della trilogia… Il verso è l’emozione di un momento, anche lungo, ma non la storia.

La filosofia può essere poesia. Capiterà a tutti di ragionare con se stessi sui massimi sistemi, sulla complessità della vita, delle persone, della mente, dei caratteri, senza potersi dare risposte razionali, al di là delle quali vi è la Causa Prima, tuttavia continuate a stupirvi e interrogarvi. E mentre riflettete sulle stranezze altrui, può accadere che diano dello “strano” a voi, che vi siete sentiti sempre la persona più comune, normale e naturale sulla faccia della terra. La vita è paradossale!

Avevamo lasciato i nostri Li e Ant alla periferia di Perugia con destinazione Firenze. Di lì a poco si fermò una campagnola piena di compagni piuttosto radicali, lo capirono dalla reazione ai loro discorsi sulla famiglia. Provenivano probabilmente anche loro da Umbria jazz e non pensavano forse che Li avesse sedici anni e fosse una sorta di almeno provvisoria “scappata di casa”… Li portarono a Firenze, Qui lei prese il treno per Milano e lui dormì in stazione per proseguire il giorno dopo. Questo era il mood.

Ant giunse a Milano alle 12 del giorno dopo con tre passaggi, trovò sistemazione da una compagna conosciuta poco tempo prima a Roma e incontrò Li in piazza nel tardo pomeriggio. Fu un periodo di “buona“, felicità e lungo abbraccio noncuranti della gente intorno, contatti che lei definiva “atti osceni in luogo pubblico”, forse solo per frenarlo. Furono giorni felici, lei aveva voglia di vederlo e lo dichiarava apertamente, confidava le sue paure, tra cui quella di non sapere amare, del rapporto problematico con la sorella, elementi che lui sottovalutava, la considerava una di pari età, probabilmente erano entrambi ancora adolescenti, ma lui non aveva grossi problemi esistenziali. Tuttavia era un tempo positivo e anche quando lei partì in montagna continuarono a sentirsi al telefono. E al suo rientro ci si vide anche nelle rispettive abitazioni. Proseguì l’amore, il dialogo, gli scambi.

Ma ancora una volta furono effimere sottigliezze a creare nuovi problemi: un pranzo a casa sua condito di euforia, senza che neppure se ne rendesse conto e per irrilevanti critiche della sorella, sul suo mangiar lento, sul suo modo di scherzare a tratti farsesco… Apparentemente andava tutto bene, si appartarono in camera sua a sentir musica di Battiano, Popol Vuh, Tangerine dream e simili e intanto si pomiciava sulla moquette…

Ma fu in questa giornata insieme che cominciò il periodo di paranoia e angoscia per lui, quando lei cominciò a insinuare dubbi e ribaltare convinzioni. Loro provenivano da idee comuni in generale, ma ci arrivarono da percorsi di formazione differenti o almeno interiorizzati diversamente. Non è semplice cercare di spiegare. All’educazione borghese, cui pure lei si ribellava, ma ne era intrisa, corrispondeva una formazione più libera di lui, con studi lontano da casa e formazione più individuale, meno condizionante, con sviluppi libertari radicatisi nel tempo.

Altro errore di Ant, sempre per la sottovalutazione dei cinque anni di differenza in un’età giovanissima, era il suo ergersi a predicatore esponendo le sue convinzioni come dogmi che lei in parte respingeva proprio perché era in una fase di ribellione e si vendicava sui sentimenti: “Non devi aspettarti niente da me”, “Tu non entri nel cerchio”… e quando uno è innamorato “perso”, queste sono pugnalate, specie se espresse sarcasticamente.

Quando uno è “vittima”, nel tentativo di riparare, compie un errore dopo l’altro e peggiora la situazione, è quasi scientifico e provato empiricamente. Tanto è vero che lei chiuse il rapporto, in modo dialogante, che irrazionalmente è ancora più doloroso.

Ma in seguito, esasperata dalla sua sofferenza, voleva stare sola, tutto ciò che è esterno spersonalizza, non deve rendere conto a nessuno dei suoi comportamenti. Lo zittiva, voleva farlo sentire a disagio, sparava a zero e lui non accettava e rispondeva con la lunga invettiva in versi, a tratti esagerata, occorre dirlo.

E così “termina” questa storia o almeno questo racconto di essa; ma come anticipato non finisce così… Prosegue solo qualche giorno dopo e poi negli anni, tra alti e bassi e non è ancora finita…

41 Il mio torto (versi per chi non ne voleva-3) (54 – VIIIc – 13.9 mi) a 27.02.2023

CONOSCENZA (versi per chi non ne voleva – 1)

In un passato che sembra vicino ma in realtà non lo è tanto, pensando a questa storia la definii “una drammatica quanto sarcastica e amara trilogia”, perché divisa in tre parti, e “la cui intelligibilità necessiterebbe almeno di un trattatello di psicologia”.

Mi riferisco a un amore intenso ma controverso fin dai primi momenti e soprattutto non equilibrato, ma, forse inspiegabilmente, il rapporto si mantiene ancora sebbene molto ridimensionato, un fatto rarissimo per il protagonista, unico ai livelli mantenuti.

In realtà, se penso alle “storie” riferitemi, anche le principali, A. raramente ha conservato una frequentazione anche sporadica, in molti casi per volontà delle partner o per fisiologica perdita di contatto, ma diverse altre situazioni fanno tutte caso a se.

Ma dedichiamoci a questa storia, almeno alla parte più intensa, e in questo frangente ai primi momenti, quelli della conoscenza.

Stranezza per stranezza, anche se anticipo l’epilogo momentaneo della vicenda, il nostro provò a utilizzare la scrittura per recuperare il rapporto, nonostante la ragazza avesse chiesto che non scrivesse di lei.

Intendeva provocare una qualche reazione, una scossa, forse addirittura la sua era una supplica, un’ultima spiaggia da percorrere, benché avesse già la consapevolezza che si trattava di due personalità piuttosto agli antipodi, con una buona dose di inesplicabilità di alcune situazioni.

Si conobbero a un “congresso” a Firenze, la notò subito, e in qualche modo avendo fatto combriccola con alcune sue frequentazioni, cercò di ruotarle intorno, finché anche lei lo notò e cominciarono a parlarsi. Lo colpì il suo viso, il solito flash, e capì che gli piaceva, ma ciò che lo fece innamorare, alla lunga, fu la sua personalità, il suo modo di fare di milanese, studentessa del Berchet.

Era novembre, la sera dovettero recarsi all’Ostello per recuperare indumenti congrui, si fecero una scarpinata dal Palazzo dei congressi, in zona stazione, a oltre Arno (zona Boboli). Parlarono fitto e al ritorno, come per un tacito accordo, distanziarono a sufficienza il resto della compagnia, abbastanza complici, abbracciati… Quasi a destinazione, in via Valfonda, si infilarono nel primo porticato sulla sinistra e lì scattò il bacio, il primo di una serie…

Il commento di lei fu “Fai sempre così con tutte?”, poi “Non faccio di queste cose…”.

Momenti di dèfaillance di lei un po’ sconvolta; paura di un ripensamento per lui già molto preso. Lei appariva più razionale, eppure il feeling fu mantenuto nonostante il turbamento, l’emozione intensa del momento. Si trattava pur sempre di una ragazza di non ancora 16 anni, con uno che ne aveva appena compiuto 21.

Il giorno dopo L. fu molto più tranquilla, trascorsero insieme tutta la giornata e in particolare il pomeriggio sulla terrazza del Palazzo a limonare, non trascurando i lavori congressuali che peraltro arricchirono la loro conoscenza e stabilirono delle identità di pensiero.

Si rividero qualche giorno dopo a Milano per saldare il rapporto e da lì iniziò la fitta corrispondenza fino al nuovo incontro in occasione di Umbria Jazz dell’estate successiva.

Nel suo scritto di cui ho fatto cenno all’inizio, egli non è metodico, non segue un ordine temporale degli eventi, ma spazia nel tempo; dalla conoscenza salta ai tempi meno sereni, quando lei comincia a mostrare insofferenza, l’esigenza di stare da sola, che a lui risulta un po’ incomprensibile, una sorta di rifiuto, mentre lei vive il momento con freddezza e severità, il suo chiedersi “perché” rappresenta una pressione indesiderata. Si alternato attimi di dolcezza a “cadute nel baratro”.

Un periodo piuttosto stressante di bastone e carota, percepito a tratti come sadomasochismo, comportamento doloso, il piacere di far soffrire.

Verosimilmente non era così, ma solo necessità differenti che non combaciavano, anzi erano opposte, pertanto li allontanavano; la continua ricerca di stare insieme di lui, otteneva il suo irrigidimento e un esacerbarsi della incomprensione, portava alla fine un rapporto tra “vittima e carnefice”, anche se più semplicemente si trattava di incompatibilità caratteriale.

39 Conoscenza (versi per chi non ne voleva-1) (52 – VIIIa – 13.9 mi) a 30.12.2022

ERMETICA

Non dico che dal sogno passiamo alla realtà, ma almeno al tentativo di descriverla soggettivamente, senza purtroppo aver mai sentito l’altra campana (rif. post “Fulgori”). Siamo nelle condizioni che per ricostruire il Suo punto di vista occorre basarsi sul nostro riferente per mimica, rarissimi fatti vissuti a distanza di almeno un metro (tipo covid ante-litteram) e il rarissimo caso di percezione di una battuta: “Anche qui, adesso!…”, la cui interpretazione avrebbe bisogno di una consulenza archeo-filologica.

Il racconto nel dettaglio di tutto ciò, oltre che sconfinare nel ridicolo, potrebbe apparire come il resoconto di una seduta dallo psicologo, a me peraltro esperienza ignota.

Si tratta, ovviamente, di un grande amore adolescenziale, rimasto platonico e mai apertamente dichiarato, anche se spingersi fino a tale affermazione è come dire che il sole gira intorno alla terra. In realtà di dichiarazioni ce ne furono “mille” e nelle più svariate forme, anche se mai nel modo più normale, la parola diretta. Non ci ha mai parlato, a parte qualche monosillabo pronunciato a fatica (tipo la volta di “Motocicletta, 10 hp…”. Cito per la Storia). Qualcosa di più avvenne attraverso gli sguardi.

In sostanza fu un supplizio durato pure diverso tempo. Appena sapeva che lei c’era o la incontrava, l’istantaneo piacere che gli dava quel volto o il suo ricordo, andava di pari passo con una grande sofferenza per la convinzione che fosse un amore impossibile alimentato da illusioni, disillusioni, pianti, gelosie, capi chini, rossori, fino all’irrazionale rancore.

La voglia di vederla era quasi pari alla paura che ciò accadesse, per un senso di inadeguatezza che lo tormentava.

Sei anni – un arco di tempo che contiene tutta l’adolescenza e un po’ oltre – ci sono voluti perché questa “cosa” si affievolisse e così è stato, anche per il subentro di altri amori e dolori meno effimeri…

Nella fase “calante” ne scrisse come una sorta di rivalsa (Ermetica è il riferimento al suo scrivere, non a lei), probabilmente per reazione a un suo atteggiamento “snob” verificatosi pochi giorni prima. Come dire ormai ti ho messo in non cale… e non è che fosse proprio vero.

Gli amori platonici sono talvolta sottovalutati, derisi, eppure hanno una loro potenza. Il ricordo della prima volta che vide Am e in generale l’intera storia, oltre a essere piacevole è comunque stata un’interessante esperienza sotto molti punti di vista, anche formativo, utile per conoscere alcuni aspetti psicologici di entrambi.

Il maggiore ricordo ancora oggi riguarda il suo volto, gradevolissimo, bello e soprattutto i suoi grandi occhi espressivi, che le davano una luce particolare dalla quale fu immediatamente allucinato, un’immagine che gli rimase impressa nella mente, mai rimossa. Non sapeva nulla di lei, non saprei ora riordinare cronologicamente i loro incontri occasionali, alcuni dei quali sono rimasti indelebili più di altri; forse il primo si verificò davanti a casa di lui, dove lei passava con sorelle, cugine o amiche, proveniente da casa dei nonni, verso ignote destinazioni.

Ricorda prevalentemente quel viso con un mezzo sorriso perso nell’aere, senza una meta precisa; mentre il suo l’aveva eccome ed erano i suoi occhi.

La battaglia degli sguardi distolti c’è stata di certo e, a seconda delle circostanze, entrambi li ebbero di certo calati; lei, consapevole o meno, aveva il potere di farglieli abbassare con il suo piglio abbagliante, ma nella fase iniziale non ricorda particolari occhiate ostili, forse piuttosto lo ignorava; lei era disinvolta, mentre lui appena appariva si intimidiva, subiva fortemente il suo fascino naturale, perfino i suoi potenziali difetti gli parevano pregi aggiuntivi, ulteriori valori. E’ certo che da quel momento colonizzò interamente i suoi sentimenti e la sua mente, non simulava nemmeno, anzi ne parlava con persone che potenzialmente potevano riferirle.

Ma evidentemente il suo sentimento non era condiviso o la sua timidezza non era all’altezza della situazione, probabilmente della decisione che esigeva… così da una sorta di piacere, di innamoramento positivo, con il tempo subentrò un senso di frustrazione, di caos, di rassegnazione, e iniziò a simulare disinteresse, verosimilmente non molto bene, tutto traspariva e peraltro le confidenze verso sperate Galehaut continuavano…

Stiamo parlando di un lungo periodo, crescevano entrambi, ed entrambi frequentavamo le scuole superiori a Cagliari. Verosimilmente cominciava a maturare fastidio per il suo interesse, così arrivò il primo sguardo stizzito, forse contro uno suo insistente… Desolazione assoluta, ma l’inerzia, fece presto posto al dibattito interiore sul significato di quel nuovo comportamento, e la riflessione diede luogo al proseguimento del gioco, altalenante. E’ capitato a volte che i loro occhi si siano incontrati, ma lei ha avuto la capacità superiore di scuotersi, apparire impassibile e andare oltre.

Crede che sia stato assolutamente il suo primo amore, benché unilaterale, e penso che un amore, un innamoramento evidente per i sentimenti e le pene provati, non possa avere mai fine per quanto possa essere messo in sonno.

Gli ultimi suoi atteggiamenti li ricorda spavaldi, come di chi sa benissimo cosa prova chi ha di fronte, eppure questa storia, che potrebbe apparire assolutamente effimera, è durata talmente tanto che si è incrociata con altri amori concreti e intensi, pertanto il suo atteggiamento lo infastidiva, dentro se diceva come una forma di ripicca “Che ne sai?”… Eppure, come si dice qui, “Funti ancora fac’ ‘e pari”, detto letteralmente intraducibile, che vorrebbe dire più o meno: sono ancora a quel punto…

38 Ermetica (28 – IV – 16.09 a) a 27.11.2022

FULGORI

La rimozione – soft – può anche essere una forma di scaramanzia, forse per questo mi limito ad esaminare, quasi esclusivamente, sogni piacevoli o almeno non spiacevoli. Dico questo perché potrebbe sembrare che ne descriva di molto simili sotto certi aspetti.

Quello che mi accingo a trattare, ormai datato, mi colpisce per alcune immagini, soprattutto per la parte più emotiva e piacevole, e per chi non ha mai avuto un sogno ricorrente, posso comprendere questo tipo di suggestione molto realistica presente in tante altre avventure oniriche, benché con eventi e protagonistǝ diversǝ.

La vicenda inizia quanto il riferente aveva tredici anni, appena terminata la seconda media, agli albori dell’adolescenza; è una di quelle storie impossibili che si coltivano a quella età, ma che in molti frangenti continuano a perpetrarsi per il resto della vita, compreso il rimuginare i tempi andati per trovare spiragli che non ci sono.

In fondo, nel caso specifico, non vi è mai stata una esposizione diretta, altresì molto è stato sottaciuto, disseminando “letteratura” affinché arrivasse a destinazione, con sguardi o forse con lumate insistite e scoperte da Lei, con conseguente imbarazzo. La passione si è trascinata così per anni finché non si sono più visti e ancora è così. Sono fatti che i più dimenticano o almeno così sostengono, non posso sapere la verità di chiunque. Ma c’è anche chi non dimentica nulla e semmai si distraesse, ecco il sogno pronto a rinfrescare la memoria.

E’ questo un fenomeno strano perché stravolge completamente la realtà, lo spazio e il tempo, eppure ti dà le identità, forse i volti, ma occorre prenderne nota altrimenti a lungo andare sorgerebbero dubbi su chi e su cosa…

Tale storia è complessa, ne resta la parte centrale e conclusiva di forte intensità emotiva, di sensazioni realistiche. Ne è protagonista un grande amore adolescenziale tra il narratore e Am, la ragazza; un amore vero quanto platonico benché duraturo, con una sorta di “Beatrice” personale, la vera, non quella angelicata nella Comedia. A lei è stata dedicata anche una poeesia ermetica, scritta a quei tempi… Un lungo romanzo di pochi versi, di topoi privati, di paradossi, citazioni, suggestioni, figure retoriche…

La visione onirica si svolge in un paese della zona, forse M (il nome intero svierebbe dalla verità invece che sostenerla; tanti gli elementi estranei, cui, per trovare un nesso occorre fare giri assurdi, talvolta irriferibili). Il nostro – con la sua compagna – crede di vedere un’osteria e vi si dirige. Per accedere scende dei gradini, il locale è sotto il livello della strada, l’uscio è rustico. La penombra rivela una rivendita di scanni ove si consumano anche bevande (!) e appare Lei, non ci sono dubbi che sia Am, vi è una sua foto appesa che lo conferma, ma ora è adulta, appena sfiorita, eppure mantiene il suo fascino misterioso e potente.

Sta nel locale insieme alla sorella minore che è stata sempre empatica nei confronti di lui. Eppure viene incontro Lei, si avvicina tanto, si sfiorano i rispettivi corpi, accosta talmente le labbra al suo viso che scatta un bacio quasi orgasmico, ne nasce un breve dialogo, il rito dell’agnizione e osservata la sua perplessità mista ad emozione, gli dice “Non pensare a quello che è stato prima tra noi”, dunque ora lo vuole, ma certifica anche che prima non lo voleva… Per dirla con Rachele: la signora prima non lo voleva e poi lo voleva?

Il sogno si dirama in varie situazioni (è situazionista!), con echi, suoni, sogni nel sogno: lui ha un dialogo rassicurante con la sorella A2 (si narra di un amore talmente forte che l’infatuazione si estese pure alle sorelle), poi trova Lei in cantina in complicità con la sua compagna, pacate, confidenti, si avvicina… e qui tutto sfuma nel risveglio, quasi a lasciare qualsiasi finale a chi lo fa, lo ascolta, lo legge.

Esso, per quanto surreale, può sembrare facilmente interpretabile, forse riferibile a una sorta di desiderio latente, auto-telepatia, dato che non era un periodo in cui la pensasse particolarmente, ma l’onirismo ha queste caratteristiche, riesce a leggere nei meandri della mente.

La circostanza si verifica nel fulgore mattutino, quando il torpore è più forte della luce che piuttosto si riflette in un film. Lei appare nella semioscurità, una sconosciuta che presto si rivela, matura, e l’unico rimpianto è il tempo che è trascorso senza vederla.

Se proprio si volesse trovare una ragione per questo sogno, potrebbe essere la fusione tra una sorta di complotto dei sensi che non la hanno mai dimenticata e perpetrano un amore ormai antico, ma sempre vivo, insieme al piacere per il cinema surreale di David Lynch… altro lungo capitolo…

37 Fulgori (87 – XX.XXXIII – 8.5 a) a 30.10.2022

PROFUMO INTENSO DI TRENTA ROSE

Brevi “ere” le nostre, anche quelle dimenticate, che ogni tanto riaffiorano dalla familiare “letteratura”. I signori dell’informatica in un’escalation, in un climax ascendente sempre più rapido, ci hanno trasformato la vita quotidiana dagli aspetti fondamentali fino ai minimi particolari… la stessa scrittura, la vita sociale, perfino gli amori. Le lettere sostituite dalle @mail, la scrittura dalla carta ai blog, la socializzazione in piazza sostituita dalle chat, fino a soluzioni sempre più minimaliste: sms, social, whatsapp… l’ impigrimento programmato.

Non posso affermare che questa interpretazione del “benessere” da parte dei leader delle società informatiche sia esente da danni, dunque anche portatrice di “malessere”, tuttavia i pochi tentativi di contrastare il fenomeno sono stati generalmente fallimentari o relegati a scelte personali e di piccole comunità.

Una delle ragioni di chi utilizza criticamente questi mezzi, è appunto usarli senza essere usati e in effetti la guerra dall’interno si mostra più efficace di quella che li ignora. In realtà molti manager, sotto la pressione di un’utenza che non si fa usare, hanno più volte dovuto fare marcia indietro (servizi a pagamento, contenuti irricevibili…), eppure tengono banco tanti aspetti diseducativi che passano incontrastati, come la pubblicità, la sottile propaganda, il controllo dei contenuti, la censura, anche con i cosiddetti algoritmi, ergo, si sono creati gli strumenti per far leggere ai più i contenuti che vogliono loro.

Cosa c’entra questo discorso con il profumo delle rose? Solo uno degli aspetti concreti collaterali. Riguarda la scrittura e gli amori nati su internet in poco meno di 30 anni. Non mi risulta sia stata prodotta finora grande letteratura dalla posta elettronica a facebook, dagli sms a whatsapp, eppure sono stati pubblicati dei libri, ne ricordo uno a base di sms; immagino siano aspetti che hanno occupato anche il cinema e la tv, come la presenza dei telefonini. In realtà, come dicevo, hanno occupato ogni aspetto della vita, se è vero che oggi relazioni e anche amori nascono nella miriade di chat esistenti, ma anche sulla post@, sui social, perfino sui blog, peraltro un po’ in crisi a causa del boom fb, twitter, instagram… e la crisi porta anche minori possibilità che in passato, molte piattaforme hanno chiuso, benché un blog contenga anche – o contenesse – l’aspetto più vicino alla cultura delle opportunità informatiche.

Una condivisione di temi in versi o in prosa spesso era l’avvio per un approccio più intenso che si sviluppava con lettere elettroniche e talvolta culminava in incontri, contro il più effimero rapporto di appuntamenti via chat o social: la scrittura di un certo impegno contro il telegramma, in sostanza.

Dal generale al particolare, in questo contesto nasce anche, il profumo delle rose, un rapporto intenso di mesi, e le rose, trenta, sono un omaggio per un compleanno, simboli di un’intensa passione la cui nascita prescinde dalla forma e non limita alcuna prospettiva.

La passione ha sviluppi insospettabili e simboli imprevedibili: il mistero, la profezia, sgorgano da ogni parola, il rituale celebrativo non ha confini, come non li ha l’etere, pertanto si incrociano anche gli idiomi:

“Sueño besar un verdadero poeta… en la boca, claro que si… te deseo”.

“Renderti le labbra opache di sensi, negli occhi carpirti il piacere che desidero darti… Yo tambien te amo”.

Si scomodano i bastioni cittadini, la poesia provenzale, i salmi e possibilmente “Il cantico dei cantici”, perfino Luis Buñuel e Carole Bouquet (Cet obscur objet du désir).

E’ sempre complicato comprendere come possa affievolirsi una simile esaltazione, eppure…

L’inverno è lungo, molto più della bella stagione, che proprio per questo scorre rapida e si lascia dietro rimpianti.

Le belle giornate d’inverno si ricordano di più proprio perchè rare e tali sono anche quelle senza sole, quando il fortunale si abbatte contro le case, ma noi stiamo dentro al caldo del camino a rimestar castagne o tra bei sogni nel tepore del letto. Allora anche la tempesta racchiude in se quel non-so-che di lirico.

L’inverno ha code anche in primavera e che dire dei temporali estivi, ma passeggeri, alla fine dei quali rimane l’intenso odore di terra e il ritorno della sfiancante calura. Intemperie…

36 Profumo intenso di trenta rose (101 – XXIV.XL – 16.4 a) a 28.9.2022

IL GIOCO ASSURDO

Dopo averlo discretamente citato “il gioco assurdo” sale alla ribalta direttamente, si prende la sua rivincita, il suo spazio, basta citazioni estemporanee. Potremmo scrivere giocassurdo tanto è univoca e chiara questa situazione, riconoscibile e definibile tale ogni volta che ritorna; come è vero che ognuno di noi ha un proprio linguaggio, propri campi semantici, che estende e restringe in base a tante variabili esclusive proprie di una sola persona.

Diciamo questo perché chissà se nell’introdurre il concetto sarà resa esattamente l’idea, anche perché il fenomeno è abbastanza ricorrente e stupisce sempre, come davanti a un dejà vu.

Il giocassurdo è come un romanzo, lo puoi vivere in prima persona, o esserne osservatore esterno; può anche essere piacevole, intrigante, allora si può coltivare, prendere a piccole dosi, senza fretta. Ma come negare che spesso è stressante e deludente, evanescente, snervante… soprattutto se non evolve positivamente e resta assurdo. Esso è peraltro complice del sogno, di ispirazioni oniriche mattutine.

Quando lo vivi il sogno è realtà, diventa sogno quando lo descrivi, lo racconti, ci ripensi… e allora – come se di esso si potesse fare la cernita, passare al setaccio – separi gli elementi reali dalle mere fantasie oniriche.

Il narratore, confessa, non ama raccontare qualsiasi sogno, predilige quasi esclusivamente quelli che evocano amori, dai più piccoli ai grandi, perché il sogno è come un film, dunque deve piacergli, il dramma è che non si può scegliere, non si ha un telecomando e occorre sorbirsi ciò che passa il convento.

Occorrerà dire che la scrittura è terribile, circuisce che manco il carisma più potente… Ebbene, quando piace una donna, insomma quando si è proprio persi, se anche lei ha un nome molto corto, lo si pronuncia sillabando quasi fosse una riserva di piacere, lentamente, in modo che duri a lungo, almeno come un nome di quattro sillabe; tale è la frenesia e la passione, che si è subito smascherati e si prova pure imbarazzo: ma cosa non si farebbe per una seppur minima estasi.

Così inizia il giocassurdo. Le reazioni sono diverse: chi semplicemente sorride e permette che il gioco continui, chi (te ne accorgi dall’espressione) pensa “questo è matto”, o ancora chi chiede esplicitamente se ci stai provando, e tante altre variabili.

Ma a noi ora interessa la prima reazione, quella che innesca il gioco, che si chiama assurdo proprio perché è un lungo tiremmolla che non si sa mai dove vada a parare.

Un altro step sono gli sguardi, lumate sostenute e ripetute, apparentemente casuali, la cui intensità è quasi esplicita, dunque si è acquisita una certa sicurezza o ci si prende un forte rischio al limite dell’audacia e dell’impertinenza, perché se lei lo costringe a distogliere lo sguardo, quello si perde fintamente desolato su punti ben precisi del suo corpo, quelli che i più impudenti chiamano “burrosi”.

Nel sogno lei, come se penasse per tanta spudoratezza, mostra qualche grinza e mollezza giovanili – ma neanche più tanto – per le quali lui freme ancora di più, in quella sorta di passione per le imperfezioni femminili che in certi contesti accrescono l’ardore ben più di un corpo perfetto, plastico, scolpito… quello che non ha capito chi ricorre a ritocchi vari…

Il gioco è ormai avanzato, il re è nudo, è lei che ora può giocare con più disinvoltura e da lontano manda baci più o meno celati, più o meno equivoci, fa gli occhi dolci; la situazione si rovescia, ora è lui in forte imbarazzo, perché in questo gioco nulla è leggibile con certezza, neppure i gesti apparentemente più espliciti, che anzi sono quelli più ambigui e invitano semplicemente a proseguire la commedia.

Il sogno non dà conclusioni, spesso si interrompe sul più bello, pertanto la scrittura deve fare un po’ di acrobazie, ricorrere a molte delle sue prerogative per coprire le lacune oniriche… Avendo peraltro il sogno dato luogo a versi – e oggi è risuonata di nuovo la frase “i versi non si spiegano” – qui infatti si “narra” il sogno, non si spiegano versi.

Di essi potremmo raccontare alcuni aneddoti assolutamente esterni, che non li riguardano, in quanto hanno prodotto, come altri, fraintendimenti: il mondo quando scrivi ti interpreta, ti studia e studiare una sorta di ermetismo non è mai semplice. Diremo solo che in quel brano c’è un verso, anzi una parola variabile: per il nome di quattro sillabe di cui sopra è stato usato un omoteleuto, uno stratagemma retorico per confondere ancora di più le acque.

35 Il gioco assurdo (85 – XIX.XXXII – 31.10 a) a 23.08.2022

DONNA M’APPARE E MI PLACA IL CUORE

Uno sguardo fulmineo e inatteso, un contatto, una tenerezza, e altrettanto improvvisamente il percorso opposto ugualmente imprevisto, sorprendente e per certi versi inquietante ed enigmatico.
A volte capitano davvero cose strane, in realtà non sempre piacevoli, ma talvolta sì, e allora magari vorremmo che ne accadessero di più, soprattutto quando di quelle belle non ne avvengono da mesi o talvolta da anni. Allora la memoria, che aveva messo una pietra da tempo su quella storia, va a rivangarla, ne vuole cogliere quel flash positivo, gradevole, incredibile nella sua, addirittura, banalità. Eppure a me è stato insegnato che talvolta anche il banale ha un proprio valore, e non effimero. Si, tergiverso, non è una lunga storia e quella sgradevole è durata più di quella banalmente gradevole.
Ero ancora matricola, avevo preso posto un po’ casualmente nell’aula a tribuna per seguire la lezione di Letteratura Latina. Il prof iniziò la sua lezione; la Sua caratteristica più rilevante era che ci dava individualmente del voi, e collettivamente del loro… Si comportava da barone nei confronti di borghesi? era fedele al duce? o semplicemente, pur non essendo esattamente un provisional dell’IRA, adottava dei comportamenti eccentrici di imperiale memoria? Egli era molto attratto dalla fredda cultura marmorea, infatti era un patito dei Carmina (o Carmen).
I Carmina sono stati le prime testimonianze della letteratura latina e hanno avuto seguito anche in epoca cristiana, fino al basso medioevo. Essi venivano usati dai Romani per esprimere una poesia dal tono solenne, di carattere rituale e propiziatorio, manifestata anche mediante iscrizioni prosastiche. Poteva ad esempio trattarsi di un confronto enfatico tra il celebrato e i suoi commensali, dove il primo veniva paragonato a un antico illustre, in quanto persona tanto al di sopra del suo tempo da poter essere paragonato solo alla stregua dei grandi del passato. A questo proposito si ricordi che anticus per i romani era sinonimo di migliore. Gioite pertanto voi cui è stato detto: pagu antigu!
Successivamente vennero chiamati in questo modo quei canti, in versi saturni, che venivano intonati, improvvisando, durante i banchetti o per inneggiare il trionfo di un condottiero. I testi in argomento erano i Carmina Latina Epigraphica. Ma dove è andato a pescarli questi Carmina? è da una settimana che ne cerco almeno uno! Evidentemente anche durante l’impero romano e nei tempi immediatamente successivi esistevano delle avanguardie, per pochi eletti…
Bene, in questo contesto – quasi che anche le lezioni universitarie avessero adottato le interruzioni pubblicitarie – quello che distrattamente avevo ritenuto un collega e sedeva davanti a me, un gradino più in basso, si voltò verso di me con una velocità notevole, quasi stesse meditando quel gesto da diversi minuti; aveva un sorriso stampato in faccia, capelli cortissimi ed era evidentemente una ragazza… Non so se il mio stupore sorridente durò più o meno del tempo che lei impiegò per una sorta di presentazione e per chiedermi degli appunti, così a bruciapelo. Disse qualche altra parola riferita allo studio… Quei pochi secondi somigliavano più che altro a un approccio il cui scopo ultimo era tuttavia inesplicabile anche per la singolare modalità in cui si svolse.
Ci demmo appuntamento al termine delle lezioni, tutto filava abbastanza liscio, la conoscenza, insieme alla confidenza erano cosa fatta, tanto che da quel rapido movimento di collo del mattino sembrava passata un’eternità, sebbene ancora abbia dubbi sul fatto che il secondo step sia avvenuto lo stesso pomeriggio o un altro giorno.
Fosse quel che fosse, al termine di una passeggiata accademica di sapore intimo, memore di altre esperienze andate in un certo modo, tirata la sintesi delle funzioni trigonometriche dei casi, le chiesi un bacio. Lei fece letteralmente un balzo, era chiaro che non se lo aspettava; dopo qualche mormorio incomprensibile, proferì le parole più ingenue di tutta la storia: “Va bene che mi sono appena lasciata con il mio ragazzo, ma insomma…”. E cosa vuoi che ne sappia io che ti sei appena lasciata con il tuo ragazzo. Recuperò padronanza di se stessa in pochi secondi e “Vuoi un bacio? Eccolo”, si inerpica e mi bacia sulla guancia, poi confermiamo l’appuntamento per più tardi per studiare insieme in sala di lettura.
Lettura, appunto, ma delle situazioni! Non che sia così semplice, ma non mi lamento, il mio è solo un auspicio.
In breve Silvia mancò all’appuntamento, la attesi abbastanza, poi decisi di continuare a studiare in un’aula, come usavo… Passò qualcosa come una mezz’oretta e la santarellina, proprio lei, apparve sulla porta nella sua massima disinvoltura e in compagnia, cercava un’aula libera… il conto dell’inganno era presto fatto.
Il resto sono brevissimi episodi in cui lei cerca di tornare a parlarmi seppure con modalità più imbarazzata, la evito, ma la curiosità è sempre più forte del rancore più o meno legittimo: sentire le sue parole giustificative di un simile comportamento.
Passarono mesi prima che mi decidessi a soddisfare questa esigenza… La trovai a studiare in fondo a un corridoio del Corpo Aggiunto vicino all’aula magna, i capelli erano ormai lunghi… Mi parlò come se ci fossimo visti il giorno prima, ma il rancore era il suo: non le avevo passato alcun appunto.
Che storia è questa, direte. Un mese dopo il fatto scrissi due sonetti di ispirazione stilnovista, uno in sardo, uno in italiano; per quest’ultimo, quel voltarsi come un’apparizione istantanea sorridente non poteva essere dispersa in se stessa, fu il suo grande avvolgente regalo, tuttavia ingannevole quanto sembrasse vero. Nella realtà c’è tanto di non detto, difficile fare ipotesi: forse esperimenti di circuizione, con gesti, contatti felini, fascinazione, per poi negarsi in modo singolare, non chiudere per fartela pagare. Sole e luna per certi versi: tramo l’ignoto e capto l’errato.

34 Donna m’appare e mi placa il cuore (76 – XVI.XXVIII – 6.4 a) a 31.07.2022

FASCISTE!

Quella mattina arrivò presto, se ne stette seduto sul muretto privo di alcuno stile che fungeva da passerella di accesso alla facoltà, ma piuttosto defilato, vicino alla libreria, postazione scelta non a caso: da lì poteva osservare la fiumana di colleghe che, scese dall’autobus, si dirigevano verso l’ateneo, anch’esso senza stile, o almeno privo di uno stile artistico codificato, un palazzone parallelepipedale con qualche rifinitura agli ingressi, tuttavia piuttosto funzionale all’interno, costruito a cavallo tra anni Sessanta e Settanta del secolo scorso a “Sa duchessa”. Antonio lo conosceva bene, ormai nel mezzo degli studi, ma aveva iniziato a frequentarlo pochi mesi dopo l’inaugurazione: da lì partivano e tornavano i cortei studenteschi, nell’aula magna si svolgevano le assemblee movimentiste, i vari collettivi, le attività culturali che coinvolgevano anche gli studenti medi. Fin da subito ne aveva conquistato la quasi totale agibilità politica il “Movimento studentesco” di Mario Capanna, il gruppo della nuova sinistra più organizzato a Cagliari, o almeno in facoltà di Lettere.
Benché edifici, muretti e immobili vari fossero come allora, i tempi erano cambiati, o almeno, i motivi per cui Antonio se ne stava là seduto non erano strettamente politici.
L’attesa di pochi minuti appariva lunga ore, finché, prima che il suo volto, gli giunse l’eco stonata della sua voce mattutina, maldestra, goliardica e prepotente. Un fiume in piena inarrestabile che travolgeva completamente i suoi piani; la osservò procedere, probabilmente non visto, e dopo qualche secondo di smarrimento, contrariato, ne seguì i passi a debita distanza.
A freddo la riflessione divenne inesorabile: le congetture fantasiose che avevano ipotizzato un semplice incontro chiarificatore non erano altro che chimeriche sovrastrutture, pura immaginazione, ormai non aveva più nessuno da attendere.
Eppure la memoria lavorava, si volgeva al passato, a quando ancora non la conosceva e al massimo incrociarono qualche sguardo nelle aule a tribuna, finché probabilmente si accorsero, nel secondo anno, che frequentavano diversi insegnamenti comuni, si arrivò prima a scambiare qualche battuta, fino all’appuntamento fisso nell’atrio dove si producevano in vere e proprie conferenze, trasferite a fine anno anche all’esterno con soluzioni più dialogiche e qualche sorta di avance da parte di lei.
Entrambi trascuravano ormai le altre conoscenze, si attendevano, si cercavano, si trovavano, cominciavano a frequentare insieme eventi, il rapporto non dichiarato da due anni si faceva sempre più intimo, fino all’arrivo dei primi baci, un’esplosione di passione: la relazione ebbe inizio.
Ma non è questo il nostro interesse, lo è piuttosto la personalità di Lisa fusa alle sue stesse idee, alla sua filosofia, che pare ella sperimentasse nella pratica.
Sostanzialmente Antonio sembrava non avesse capito granché, semplicemente perché non è tipo da giudizi sommari, altrimenti gli apparirebbe tutto chiaro, ma questo lungo tempo della loro conoscenza rivelava dei fatti, apparentemente su due livelli, uno personale e un altro ideologico/sperimentale.
L’analisi del primo livello è apparentemente normale, una conoscenza progressiva, piuttosto lunga, a tratti colta, che poi subisce un’accelerazione più esplicita da parte di lei, ma teorica. Il passo decisivo è demandato al maschio, e perché? Qui subentrano le idee della ragazza, che si è presto definita di destra (“un’altra fascista!” commentò tra se Antonio, sempre stato di estrema sinistra, ma che calamitava una fascista dietro l’altra, e manco sarebbe stata l’ultima, tanto che la cosa rappresentava un fenomeno che cercava di studiare, dandosi al momento vaghe soluzioni).
Tuttavia Lisa era poi passata a militare in Rifondazione comunista con l’intervento di un’amica, ma questa altalena non si fermò lì, tornò a simpatie fasciste e di nuovo comuniste, fino a non saperne più lo stato al momento in cui la perse completamente di vista diversi anni dopo, quando da tempo entrambi avevano concluso gli studi e creato famiglie autonome.
L’ipotesi di Antonio era che lei, con tutta una serie di relazioni concomitanti, sperimentasse le più svariate reazioni dei partner, continuando peraltro in qualche modo a interagire, nel presupposto che riuscisse a manovrarli.
Dopo due anni di conoscenza e un mese di relazione, la chiudeva d’autorità: NICHTS! KEIN! Si comportava da “captiva”, simulava di essere prigioniera, ma poi veniva fuori la malvagità: dalla cattività alla cattiveria, secondo un modus pensandi assolutamente fascista.
Dietro questo stava tutto un copione letterario, ci fu perfino il romanzo galeotto: lei prendeva, gestiva, dirigeva, perfino i silenzi, gli scambi accademici e le attività, poi “razionalizzava”.
Scrisse Virgilio, illustremente citato, “Adgnosco veteris vestigia flammae”, trattavasi certamente di altra fiamma… sebbene anche lui fosse fissato con la patria italica.

33 Fasciste! (83 – XVIII.XXX- 6/11.4 a) a 1-4.7.2022